Oggi, durante una lezione presso la UTLEP, Università del Tempo Libero per l’Educazione Permanente di Legnago, è intervenuta la nostra Presidente Daniela Vicentini, con un intervento dal titolo “Noi Genitori”, che riportiamo integralmente!

Di seguito, sono disponibili anche le slide utilizzate a supporto dell’intervento.

Cogliamo l’occasione per ringraziare UTLEP e tutto lo staff per la splendida occasione di confronto. 

Noi Genitori

Riportiamo integralmente il discorso tenuto dalla nostra Presidente Dott.ssa Daniela Vicentini, con le slide utilizzate a supporto.

Abbiamo articolato questo intervento a più voci: oltre a me parleranno due mamme Anna, e Laura che leggerà alcune considerazioni di due nostre volontarie, Annamaria e Norma. Questo  con l’intenzione di farvi cogliere alcuni degli aspetti della nostra realtà. Alla fine saremo ben contente di rispondere alle vostre domande. 

Non credo sia casuale l’ accostamento  don Gnocchi e lacasavolante.

Don Gnocchi è stato padre fino in fondo, dei suoi pazienti. Padre nel senso più vasto: ha provveduto loro, fatto fronte ai bisogni, trovando i mezzi necessari. 

E proprio questo l’aspetto che mi preme di più: provvedere. 

Quindi vogliamo raccontarvi di come alcuni genitori, noi genitori, di Legnago e dintorni, abbiamo declinato, attuato la nostra genitorialità.

Al nostro carissimo amico rettore, a dire la verità, avevo proposto un’altro titolo (l’amore difficile) …titolo che esprimeva fin da subito le nostre enormi difficoltà. Perché se essere genitori è difficile sempre, è molto di più difficile esserlo di un figlio con disabilità. Perché quando nasce  un figlio diverso da come lo avevi desiderato, da come te lo aspettavi, dentro si crea una frattura profondissima. Spesso incolmabile. La disabilità marca la differenza.

Accettare è possibile.

E questo è il pensiero collettivo, dentro ciascuno di noi…quindi anche dentro di noi genitori, che di fatto abbiamo pregiudizi come tutti gli altri.

Abbiamo quindi dovuto combattere contro i nostri stessi pensieri, pregiudizi, paure, reticenze per poter accettare questo figlio diverso. 

E come è stato possibile riuscire a vedere con occhi diversi la diversità?
La risposta l’abbiamo trovata insieme.   

Infatti lacasavolante è una associazione di genitori che ad un certo punto della loro vita hanno deciso di pensare insieme e soprattutto di organizzare insieme “il Dopo di Noi”. Cioè quella fase della vita che vedrà i nostri figli senza il nostro sostegno, la nostra presenza, la nostra cura.

Abbiamo figli con disabilità medio/grave, di un’età compresa fra i 25 e i 50 anni. Siamo quindi genitori non più giovanissimi: le radici del nostro pensiero esistono da almeno 20 anni. Perché la preoccupazione che i nostri figli sarebbero rimasti soli è stata al centro dei nostri pensieri fin da quando erano ancora piccoli, o meglio, sin da quando abbiamo avuto consapevolezza che di disabilità dovevamo parlare. E affrontare questa consapevolezza è stato un passaggio difficile ma fondamentale. 

Non si è mai resilienti da soli.
Noi mamme ci conoscevamo in quanto frequentavamo gli stessi ambulatori pediatrici… Abbiamo cominciato a incontrarci e abbiamo capito che parlavamo la stessa lingua fatta di paure, di promesse disattese, aspettative deluse. Avevamo gli stessi pensieri: uno su tutti, tutte noi avevamo avuto un figlio diverso da quello che avevamo sognato e poterselo dire, senza sentirci giudicate, ci ha aiutato a costruire ponti. Abbiamo cominciato a sentirci meno sole e a capire che la frustrazione, e anche la rabbia, che ciascuna di noi sentiva singolarmente, se verbalizzate, condivise potevano essere più sopportabili.

Noi mamme abbiamo costituito un gruppo di Auto Aiuto, peraltro voluto e reso possibile dalla Fondazione Futuro Insieme, gruppo che ha rappresentato un filo conduttore fatto di comprensione, solidarietà e rispetto. 

Possiamo dire che il germe di tutto quello che è avvenuto dopo è nato da quegli incontri, da quei confronti: perché insieme abbiamo cercato risposte innovative, condivise e non convenzionali, alle nostre problematiche. Sia chiaro che ogni riferimento alla disabilità ci ha sempre ferito: disabile o peggio diversamente abile sono parole che non ci appartengono, o meglio non le vogliamo per i nostri figli, benché diversi. 

Per molto tempo abbiamo adoperato il termine “fragile”. Ora che i nostri figli sono adulti riusciamo a parlare di loro come persone con disabilità

Persone. 

Persone nate con in mano un numero di carte da giocare inferiore agli altri, o forse nate con carte diverse, di altri mazzi. 

 

Nati due volte.

I nostri figli sono nati la seconda volta, come ha scritto Giuseppe Pontiggia, nati due volte quando abbiamo smesso di rimpiangere le carte mancanti, e con quello che avevano in mano abbiamo tessuto relazioni, attività, riempito il tempo vuoto che circonda i nostri figli. Tempo che non può essere fatto solo di sedute terapeuriche ma anche di divertimento, compagnia, allegria. Abbiamo voluto che la casa volante fosse anche questo: uno “spazio di prossimità”, un vero e proprio luogo fisico, ma anche emotivo e sicuramente affettivo dove stare insieme ciascuno portando le proprie caratteristiche, i propri desideri e i propri bisogni. Ora quattro nostri figli vivono in una vera casa, assistiti da operatori di prossimità a loro coetanei da noi scelti e formati: Anna ve ne parlerà fra poco. Stiamo realizzando, per altri giovani adulti, diversi progetti personalizzati, che vanno dal distanziamento programmato dalle famiglie di origine ad esperienze di  sollievo diurno. 

Chi è interessato ad avere più informazioni può venire a trovarci, vedere come stanno i nostri ragazzi, cosa fanno…la nostra sede e una delle nostre due case, casa Volante, sono proprio qui a S. Pietro di Legnago, l’altra, casa Fiorita, nel territorio di Gazzo Veronese, tutte molto vicine. 

E questo è uno degli aspetti, il più importante, e riguarda i nostri figli. 

L’altro aspetto riguarda noi genitori, ed è che grazie a tutto questo anche noi genitori siamo nati una seconda volta. Un’affermazione pesante, impegnativa, mai considerata, mai prevista per noi genitori.

 

Poter immaginare. 

Ma il poter immaginare la vita dei nostri figli senza di noi, ed immaginare che sia una buona vita, ci ha permesso di riprendere in mano anche la nostra, di vita. Sapendo che la rete che abbiamo costruito attorno ai nostri figli li proteggerà e ne avrà cura dopo di noi.

E tutto ciò è stato possibile solo lavorando insieme, noi famiglie con i nostri operatori di prossimità, con gli altri figli e le altre figlie, i servizi sociali, i nostri meravigliosi volontari e le nostre straordinarie  volontarie…

Noi ci auguriamo che la nostra storia, la nostra esperienza possa contribuire a stimolare altre esperienze e questo darebbe davvero un senso compiuto a tutto il nostro progetto. 

Il messaggio allora non è la luce in fondo al tunnel, che dà l’idea di un arrancare e di non arrivare mai, ma una sorta di fiamma dentro che illumini e riscaldi la notte che stiamo attraversando… Noi mamme de lacasavolante non possiamo indicare strade o addirittura mete. Possiamo forse rincuorare altri genitori e incoraggiarli a trovare ed accendere la loro personalissima fiamma interiore.

Ed è questo ciò che ci ha spinto ad essere qui, anche se non è mai facile parlare così, pubblicamente, del proprio vissuto.

Ma bisogna pur cominciare e noi mamme volanti lo sappiamo.

Cominciare dal fare.  

Abbiamo cominciato  facendo condividere ai nostri figli qualche merenda e siamo arrivate alla residenzialità protetta. Abbiamo iniziato con piccoli gesti e abbiamo elaborato progetti complessi di vita vera. Ora ci battiamo per la sostenibilità a lungo e lunghissimo termine, sapendo che ci aspettano sfide etiche oltre che economiche.

Questione più complessa è far capire che quello di cui hanno bisogno  i nostri figli non è integrazione “spicciola”, figlia di un pensiero a sé stante, marginale, ma che bisogna iniziare da piccoli gesti che diventino normalità. 

Che sia normale che le famiglie investano economicamente anche sul figlio che non andrà all’università, che non farà il master a Londra o che non lavorerà i campi di proprietà . E comunque non sarà il sostegno per la propria vecchiaia…. Questo  per tornare al discorso iniziale: i pregiudizi non fanno considerare che anche il figlio con disabilità ha diritti irrinunciabili e la prima discriminazione forse si compie in famiglia. 

Questo solo per delineare vagamente l’entità della questione, dove ferite narcisistiche, arretratezza culturale e difficoltà economiche si intrecciano.

E’ quindi assolutamente necessario ripensare il welfare che deve essere di tipo circolare, dal basso, in cui lo Stato, la Pubblica Amministrazione, non possono essere i soli detentori delle risposte ai diversi bisogni. 

In cui i genitori possano essere aiutati ad elaborare progetti di vita, in cui i fratelli e le sorelle non siano portatori di un peso che non deve e non può  essere il loro.

 

Sostenere le famiglie. 

In cui la comunità possa essere un elemento non solo di supporto economico ma una presenza attiva, proprio attivando una rete colloquiante e dinamica, che porti competenze, informazioni, saperi che sono alla base della sussidiarietà

 I nostri progetti di vita che andranno avanti anche se, speriamo MAI, dovessero finire i finanziamenti pubblici, perché le famiglie ci sono e hanno sperimentato la differenza. Perché per persone con disabilità quello che più importa è la relazione con gli altri (e il lockdown ce l’ha drammaticamente insegnato) e solo una cura, un’assistenza  di tipo familiare può garantire relazioni vere. Noi siamo di fatto una famiglia non solo allargata ma viva, accogliente…dove i volontari e le volontarie non sono solo un valore aggiunto ma parte integrante del progetto, linfa vitale senza la quale lacasavolante non sarebbe quello che è diventata. Persone che quotidianamente ci regalano le loro cose più preziose: il loro tempo e i loro pensieri. Con le quali stiamo studiando approcci ed iniziative complesse di raccolta fondi, pensando anche ai lasciti testamentari.  

Credo di aver detto una minima parte di cosa è lacasavolante, posso aggiungere solo che il nostro lavoro è appena iniziato.

Siamo convinte che stiamo facendo proprio la cosa giusta, perché l’interesse sostanziale del nostro gruppo, non solo coincide con la somma degli interessi individuali, ma è molto di più. 

Perché la fiducia non è un vago sentimento ma la possibilità che un bene possa essere condiviso e come tale avere un impatto sociale, così da poter immaginare uno sviluppo umano forse senza esclusi.